“Nella mia famiglia non sono mai mancati i presepi. Un mio bisnonno ne costruiva grandi quanto una stanza; mio nonno materno li realizzava in sughero e con pastori in terracotta (che non si toccavano!), mentre quello paterno con cartapesta e statuine in plastica (che non avevano mai un posto fisso perché noi nipoti li facevamo vagare per tutto il presepe). Entrambi mi affascinavano! Mio padre e mia madre invece progettavano e costruivano insieme, ogni anno, un presepe e per noi figli erano giorni di festa quelli passati nell’attesa di vedere alla fine cosa avrebbero combinato”.

 Generazioni che si trasmettono saperi, tecniche, verità e miti sull’uso dell’uno o dell’altro materiale, che si lasciano in eredità pastori o intere scenografie, che si ricordano aneddoti e che si tengono unite insieme da quella emozione unica che tutti coglie dinanzi all’ “allestimento” finale: questa è la tradizione “familiare” presepiale napoletana, questo è l’inizio della storia personale di Franca Patriarca (Napoli, 10/10/1962). Per chi a Napoli viene così “iniziato” al presepe diviene poi quasi un imperativo “morale” quello di mantenere viva la tradizione e di poterla, se lo si sa fare, adeguare ai tempi che cambiano; ed è quello che Franca ha brillantemente fatto: “io e mio marito i primi anni costruivamo “scogli da buttare”, poi ne costruimmo uno da arricchire anno per anno. Poi un Natale decidemmo di fare dei regali “importanti”, che fossero ben curati, tipicamente napoletani ma che non occupassero spazio e si potessero con facilità inserire in qualsiasi ambiente di una casa, così come di uno studio o di un ufficio: fu così che nacquero i “presepi a quadro”. Piacquero così tanto che sono poi diventati il regalo “risolutivo” per parenti e amici”.

 A 3 anni di distanza dall’inizio del suo percorso da autodidatta, nel 2009 Franca incrocia sulla sua strada gli amici di Napoli dell’A.I.A.P. e diventa questa l’occasione e lo sprono per migliorare la propria tecnica, scoprirne e sperimentarne di nuove, unitamente alla scoperta ed all’approfondimento degli aspetti più prettamente storico-culturali connessi al presepe napoletano.

Franca Patriarca oggi realizza sia “scogli” in legno, sughero e stucco (per pastori da  1 a 35 cm di altezza) e sia “moschelle”, cioè i pastori di dimensioni inferiori ai 5 cm realizzati in terracotta policromata e che accompagna con accessori in rafia, legno o sempre in terracotta. E’ una dote particolare, non comune, quella di saper realizzare sia scogli che pastori, che permette così all’autore una ancor più forte personalizzazione dei pezzi che va a realizzare, perché ambienti e personaggi possono meglio dialogare fra loro in quanto, come in un puzzle, scenografia e pastori s’incastrano fra loro alla perfezione: “nei primi anni di attività, per le mie scenografie, compravo le “moschelle”, poi, per caso, mentre lavoravo la creta per modellare delle tegole destinate ad una scenografia per il Duomo di Napoli che realizzai con gli altri soci A.I.A.P., mi scoprii in grado di modellare anche quelle piccole figure. La capacità di realizzare sia “scogli” che “moschelle” non è da tutti, e questo rende possibile la produzione di scene presepiali particolarmente elaborate. I personaggi sono elementi “essenziali” di una scenografia, ne sono parte integrante, e grazie a questa possibilità “nascono” appositamente per quella scena. Viceversa, ci si può permettere di progettare una specifica scena perché poi si è in grado di realizzarne anche tutti i personaggi più particolari”

 Nei presepi in cornice che Franca realizza, così come nelle scenografie con pastori, quello che colpisce è la grande forza “vitale” che essi trasmettono all’osservatore: la visione d’insieme dei pastori rimanda ad un esplosione di colori e di movimento, sapientemente esaltata dagli scenari, pregevoli e minuziosi, che Franca costruisce. Le sue opere trasmettono gioia, forse il sentimento che meglio si accompagna alla rappresentazione della nascita di un bambino “salvatore del mondo”.

Franca Patriarca è una persona fortemente “emozionata” dall’attività artistico-artigianale che svolge, ed è forse questa una delle possibili chiavi interpretative del grande vitalismo che attraversa e permea le sue creazioni: “avere una tua idea, e solo tua (tanto che se la spieghi a qualcuno non riesce nemmeno ad immaginarla) e riuscire poi a realizzarla è impagabile! Durante la fase di progettazione è un susseguirsi di idee apparentemente confuse ma che nella mia mente sono in realtà ben chiare e vanno delineandomi pian piano la scena da realizzare. Un susseguirsi di trovate che ti emozionano in continuazione: lì una casa, lì un albero, qui la roccia ed il tufo, poi un cane o un asino, una donna che sale e i bambini che giocano, quella casa di un colore quella a fianco di un altro; la Madonna in questa posa e S. Giuseppe in quest’altra. Qui sughero a vista mentre là stucco di copertura; avanti un musicante, più a destra una popolana. Questa è una fase di totale estraniamento dal mondo e nella quale è l’immaginazione a farla da padrona: il silenzio diventa allora una risorsa fondamentale, anche perché a spiegarlo comunque nessuno ti capirebbe e magari ti prenderebbero pure per pazza”.

 Franca ha messo a disposizione la sua esperienza e la sua competenza anche nei corsi di scenografia e modellato organizzati dall’ A.I.A.P. di Napoli e indirizzati ai bambini delle scuole elementari: “per quanto piccoli è stato bello apprezzare la loro voglia di “fare” (costruire e modellare) ed il loro voler scoprire i tanti retroscena che il presepe napoletano custodisce. Chissà se abbiamo seminato in quelle occasioni”.

 Grazie soprattutto all’ A.I.A.P. di Napoli sono state tante negli anni le occasioni per Franca Patriarca di poter far conoscere ed ammirare le sue produzioni: un lungo elenco di mostre, fiere ed eventi che a scorrere i nomi delle città ospitanti ci si ritrova a fare un minitour d’Italia, fino a spingersi oltreconfine in Europa ed oltreoceano fin negli Stati Uniti. Del 2010 è il premio (ex equo) per il “miglior presepe artistico” assegnatole dalla “Rivista delle Nazioni”, che le attribuirà un nuovo riconoscimento due anni dopo con il “Premio Speciale”.

“Alla fine oltre alla soddisfazione di aver concluso un lavoro, c’è comunque sempre la meraviglia di esserci riuscita davvero! Per me realizzare un presepe significa essere alla ricerca di emozioni continue, e se sarò poi in grado di far provare emozioni anche a chi lo osserva, lo potrò allora ritenere un lavoro valido”.